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BARBARA GUSSONI
PHOTOGRAPHY
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Barbara Gussoni è un'artista fotografa italo-senegalese che vive a Marsiglia dal 2009.
È anche arteterapeuta e scrittrice. Ha esposto le sue opere a Marsiglia, Barcellona, Budapest, Parma e Bologna.
Alla fine degli anni '90 lavora a Brescia come assistente del fotografo pubblicitario Rinaldo Capra e per l'agenzia A2. Contemporaneamente frequenta il corso base di fotografia presso il Museo Ken Damy.
In questo periodo partecipa al progetto “Alzheimer, conoscere chi non ricorda”, la prima mostra multimediale sulla malattia di Alzheimer in Italia, con testi poetici e fotografie.
Dopo una lunga pausa per dedicarsi alla scrittura, nel 2018 si forma in arteterapia contemporanea ad Arles. La città de “Les Rencontres de la photographie” e l'approfondimento di questa disciplina, che ha lo scopo di aiutare le persone a “riprendere in mano la propria parola”, portano l'artista a riprendere in mano la sua macchina fotografica. Si tratta ormai di un apparecchio digitale.
Ispirata dalla bellezza e dalla storia di questa città romana, nel luglio 2019 pubblica il suo primo portfolio, “I luoghi degli incontri”, sulla rivista online “L'Oeil de la Photographie”.
Seguono altri progetti personali: "Amore", uno sguardo commosso sulla malattia e la morte del padre; "Dovremmo tuttÉ™ essere femministÉ™", un omaggio al femminismo attraverso ritratti di Barbie che incarnano donne che hanno avuto un ruolo importante nella storia dell'emancipazione femminile; "13 uomini delle pulizie", un invito agli uomini a posare nudi mentre puliscono le loro case.
In seguito alla sua certificazione in arteterapia, scrive “A day in the life of...”, un progetto di mediazione artistica basato sulla fotografia che indaga la rappresentazione delle persone con disabilità multiple. Il progetto sarà realizzato con la partecipazione di bambini in situazione di handicap e delle loro famiglie in un centro specializzato di Marsiglia nel 2020/21 e culminerà in una mostra presso il centro.
Nel 2023/24 collabora con il CNRS e la Fabrique des écritures di Marsiglia alla realizzazione di una mostra fotografica con clip sonori, “Prendersi cura della pandemia", che ha l'obiettivo di presentare nove ritratti di assistenti ospedalieri laureati all'estero e di fornire un resoconto dei loro viaggi migratori e della loro pratica professionale durante la pandemia Covid-19 nel sud della Francia.
Dal 2018 collabora regolarmente con “Gruppo Elettrogeno Teatro”, associazione di promozione sociale fondata a Bologna nel 1999 che lavora alla diffusione dell'arte teatrale.
Nell'ambito di un progetto di sua ideazione, “Come il teatro irrompe nella vita quotidiana”, e in stretta collaborazione con la regista di Gruppo Elettrogeno, l'artista realizza gli scatti introducendo lo sguardo fotografico nel movimento drammaturgico ispirato alle "Metamorfosi" di Ovidio. La mostra diventa parte integrante della performance sotto forma di studio, CreaturÉ™, che conclude la trilogia ispirata al poema epico e che debutta al Tpo di Bologna nel dicembre 2024.
Questa collaborazione ha aperto la fotografa a nuovi orizzonti artistici e umani, che continua a esplorare.
Si interessa di femminismo, questioni di genere, arti inclusive e migrazione. Lavora per l'inclusione delle persone con disabilità.




La letteratura e l'arteterapia hanno influenzato il mio modo di fotografare e forgiato il mio approccio narrativo.
Ho sempre sentito il bisogno di ascoltare e raccontare storie. Per consolarmi della vita, credo.
La scrittura è sempre stata con me, fin dall'infanzia.
In arteterapia mi sono formata nel 2018.
Marguerite Duras diceva che se avesse saputo prima che cosa avrebbe scritto, non avrebbe mai cominciato un libro. E’ lo stesso per me.
Fotografare significa aprirsi all'ignoto, esporsi all'Altro, correre il rischio di andare verso ciò che è ancora sconosciuto.
Nel silenzio, si attiva lo sguardo.
La fotografia resta una sorpresa, un mistero che affiora da questo silenzio. Nasce spesso dall’improvvisazione e dalla capacità di fare con ciò che ho a disposizione nell'istante presente.
Questa emergenza imprevista di contenuti visivi diventa emergenza di contenuti inconsci quando si tratta di fotografare delle persone.
La mia pratica interroga costantemente i limiti del mezzo fotografico come modo di relazionarsi e di comprendere l'Altro. Esplora la plausibilità del suo coinvolgimento nella co-scrittura visiva della sua storia che, attraverso il dispositivo fotografico, per incanto, diventa anche la mia.
Attraverso la fotografia aspiro a creare connessioni, legami tra persone di diverse culture e provenienze, a immaginare luoghi ideali e poetici di condivisione, di incontro, di ricongiungimento di molteplici singolarità artistiche.
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